Marco Pantani la storia di un pirata in salita

Ultime notizie

MotoGP: a che punto è Marc Marquez?

Dopo i test di Valencia le aspettative erano altissime....

Superbike: cosa ci ha detto il primo round?

Il primo round della Superbike 2024 ha messo in...

Le nuove leve del tennis ATP: rivoluzione in atto?

Sono tanti i giovani tennisti che stanno raggiungendo i...

Superbike 2024: i big all’assalto di Bautista, ma attenzione ai rookie

Lo spagnolo cerca il tris dopo i titoli conquistati...

Share

Scrivere di Pantani un po’ mi agita, lo ammetto. “Sono emozionato, e l’emozione è una congerie di sentimenti che sgorgano dai ricordi, e abbiamo ricordi perché abbiamo memoria” scriveva Sepùlveda. Guardo e riguardo le pagine di storia che Marco Pantani ha scritto nello sport internazionale. Osservo ancora oggi con fascino la sua pedalata rotonda con la quale scalava le montagne. Pochi hanno la capacità di riportarmi alla memoria ricordi di quando avevo 9 anni. Era l’estate del 1998, Tour de France. Io ero con mio nonno che grazie alle pedalate, talvolta, si faceva anche belle dormite davanti alla TV. Fino a che il telecronista non gridava “SCATTO DI PANTANI”. Allora nonno si risvegliava e drizzava la schiena per godersi quello scatto. Quell’anno, riuscì a vedere anche la doppietta Giro d’Italia e Tour de France, roba da leggenda. Era il 1998, e Pantani diventava il ciclista più forte al mondo.

marco pantani

Una vita in salita

Una vita tortuosa, molto spesso in salita. Ma le salite erano proprio la sua specialità. Nelle sue vene scorreva il sangue di un puro scalatore, amante delle montagne. Quelle montagne che lo hanno reso il ciclista tenace in salita e impavido in discesa, che vinceva prima di tutto con il coraggio. Il 1998 fu l’anno in cui Pantani entrò di diritto nell’olimpo dei grandi miti del ciclismo. Grazie a lui il ciclismo tornò ad essere quello di Coppi e Bartali, in grado di riuscire a rubare la scena anche al calcio. Quell’anno vinse Giro d’Italia e Tour De France: era da 33 anni che un italiano non trionfava a Parigi; prima di lui Felice Gimondi. Ancora prima, nel ‘52 Fausto Coppi, che insieme al Pirata, fu uno dei pochi nella storia del ciclismo a riuscire a vincere nello stesso anno Giro e Tour.

Le salite che incontrò sulla strada, presero spesso le sembianze della sfortuna. Ma da ogni caduta era sempre in grado di rialzarsi, tornando in sella più forte di prima. Il Pirata ero uno che non si arrendeva mai. Stupiva, emozionava. Ogni volta che saliva sui pedali, il cuore degli italiani e dei tifosi batteva all’impazzata. Perché si sa, la gente vuole bene a chi vince in salita. E Marco in salita, vinceva sempre. Chi ha avuto la fortuna di godersi le sue imprese in quegli anni, ricorda la pelle d’oca alle sue fughe in solitaria. Il Pirata non scattava semplicemente, ma lasciava il vuoto dietro di lui. “SCATTO DI PANTANI”, ed ecco, tutti in piedi ad ammirare le gesta di un campione che non si voltava mai indietro a cercare con lo sguardo chi stava provando ad inseguirlo.  

Marco Pantani e la Mercatone Uno

“PANTANI HA FATTO IL VUOTO”, con queste parole il telecronista dava conferma che anche quel giorno il Pirata avrebbe firmato una nuova pagina di storia del ciclismo. Perché era come uno scrittore che scriveva scalando le montagne e i suoi tornanti. Sono 46 le vittorie in carriera, con i migliori risultati nelle corse a tappe. Ma ciò che più di tutto è rimasto indelebile nel tempo, sono le emozioni che ci ha regalato. Le ha date al mondo e sono custodite nel patrimonio di storia dello sport che tutti dovremmo conoscere. Ha conquistato me, che ho 31 anni, e che quando Marco Pantani arrivò in alto, non avevo ancora compiuto 10 anni. E che quando morì, in quel triste 14 febbraio del 2004, ero già grande abbastanza da capire che se ne stava andando un grande mito di uno sport tanto bello quanto faticoso e difficile. 

In sella ad una Bianchi, con la bandana in testa e il suo orecchino, vestito di giallo color Mercatone Uno, fu in grado di avvicinare chiunque al ciclismo. Quando pedalava era un tutt’uno con la sua bicicletta. Si muovevano in perfetta sintonia, sia in salita che in discesa. Alle sue spalle c’era una squadra disegnata in maniera esemplare intorno a lui e che era in grado di trascinarlo al traguardo, rialzarlo e riportarlo davanti quando qualcosa andava storto. Una squadra, la Mercatone Uno, creata apposta per Marco Pantani dalla fiducia del suo tifoso numero uno, Luciano Pezzi. Luciano fu una figura molto importante per Marco. Fu proprio per onorare la memoria dell’amico che, dopo la vittoria del Giro d’Italia del ‘98, Pantani decise di partecipare al Tour. E così, qualche settimana dopo, il Pirata era sotto l’Arco di Trionfo sul gradino più alto del podio, anche in onore dell’amico.

Marco pantani luciano pezzi
Luciano Pezzi accanto a Marco Pantani

La memoria di Marco Pantani

Celebrare ciò che è stata la sua vita, è quello che voglio fare quando scrivo di campioni come Marco Pantani. Ma purtroppo, di quel 5 giugno del 1999, quando con indosso la maglia rosa fu escluso dal giro, è difficile dimenticarsi. Le ombre che da lì in avanti si sono accostate alla sua vita sono tante. Prima di quel giorno però, il Pirata fece un miracolo sportivo. Era il 30 maggio del 1999, 15esima tappa del Giro d’Italia, 160 chilometri da Racconigi al Santuario di Oropa. Pantani si trova ai piedi della salita che porta al Santuario. Nel momento cruciale della tappa gli cade la catena. L’ammiraglia è troppo lontana, e i compagni di squadra, come da regolamento, possono solo aspettarlo. E così Marco da solo risolve in pochi secondi il problema meccanico e torna in sella. Perse in totale 40” ma che in quel momento sarebbero potuti costare tutto.

Le immagini che hanno fatto il giro del mondo sono quelle di un serpentone giallo con in coda un puntino rosa. Una squadra pronta a dare tutto per poter riportare davanti il proprio capitano. Il Pirata ci riuscì, e pedalata dopo pedalata, sulla salita di Oropa, superò tutti con tale energia che gli altri sembravano fermi. Quel giorno Pantani mostrò a tutti un insieme di forza, volontà e passione che fu in grado di fargli portare ancora una volta il cuore oltre l’ostacolo. “PANTANI, UN RULLO COMPRESSORE”, grida il telecronista. E allora immagino tutti in piedi a urlare il suo nome, e a festeggiare una vittoria che rese quella tappa splendida e indimenticabile. Il Pirata fece qualcosa che rimarrà indelebile nelle pagine del ciclismo mondiale, così come indelebile era la sua voglia di vincere.

Molti, quando vogliono sapere di più sul Pirata, cercano su Google “caso Pantani”. Una morte a cui ancora oggi nemmeno la madre Tonina sa dare una risposta, e sulla quale non smetterà mai di cercare la verità. Oggi però quello che vogliamo fare è ricordarlo celebrando ancora una volta tutto ciò che Marco Pantani è stato, è e continuerà ad essere: il Pirata che ci ha fatto sognare.Non so che dire… Il ciclismo mi mancherà certo, ma anch’io, ne sono convinto, mancherò al ciclismo“. Avevi ragione, Marco.

spot_img