Zdenek Zeman, il boemo che ha rivoluzionato il calcio italiano

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O lo ami o lo odi. Per un personaggio come Zdenek Zeman non esistono vie di mezzo, quelle che lui stesso nella sua vita non ha mai contemplato. Divisivo, controverso e taciturno ma un uomo capace di rivoluzionare il calcio italiano accompagnato solamente dalle inseparabili sigarette.

Da Praga a Palermo

Praga, 12 maggio 1947. In una città che si preparava al colpo di stato del febbraio del ’48, nasce Zdenek Zeman. La madre era una casalinga mentre il padre un luminare della medicina con una grande passione, lo sport. Il nonno lo portava sempre allo stadio a vedere le partite dello zio, talento cristallino dello Slavia Praga prima e della Juventus poi. Proprio grazie allo zio, il giovane Zdenek compie il viaggio che cambierà per sempre la sua vita. Nell’estate del 1966 lo raggiunge a Palermo per passare le vacanze nello splendido Mezzogiorno, sicuramente più accogliente di Praga in quel periodo. Nel frattempo in patria la situazione va via via peggiorando e a Zdenek viene consigliato di rimanere in Italia.

Passano i mesi, si iscrive all’università, si laurea all’ISEF e comincia ad insegnare educazione fisica all’istituto Gonzaga di Palermo. Un giorno riceve una telefonata da un suo amico, che lo vuole portare con lui a Cinisi, cittadina famosa più per Mafia che per altro, ad allenare la squadra locale. Zdenek accetta di buon grado, allena e bene la squadra e si fa notare dal Palermo che dal 1974 fino al 1983 lo terrà ad allenare le squadre giovanili.

Zdenek Zeman durante il suo periodo come allenatore del Licata
Zdenek Zeman durante il suo periodo come allenatore del Licata

Licata e Foggia

Al termine della stagione 1983/84 riceve la chiamata del Licata, piccola squadra che milita in Serie C2. Senza esitazioni accetta l’incarico e in 3 anni ottiene la promozione in C1 e anche la salvezza nella stessa categoria. Quel Licata gioca molto bene, ma soprattutto propone un calcio diverso da tutte le altre squadre. Non sarà una squadra di prima fascia o con qualità eccelse, ma a livello atletico sono straripanti. “Ma questi ragazzi quanto diavolo corrono?” Sarà stata sicuramente questa la reazione del presidente del Foggia durante un Foggia-Licata che vede uscire trionfante la squadra di casa ma che ha lasciato sensazioni incredibilmente positive sulla squadra ospite.

Lo vogliono a Foggia. Allenare è la sua passione e se può farlo in una piazza calda come quella ne è ancora più contento. Alla prima stagione con il Foggia finisce terzo in classifica ma a causa di un presunto preaccordo preso con il Parma per la stagione seguente viene esonerato. L’anno successivo passa effettivamente in Emilia dove viene esonerato alle settimana giornata, passa così da Messina dove arriva ottavo in Serie B e lancia un giovanissimo Totò Schillaci, capocannoniere del torneo con 23 gol. Nel frattempo il Foggia ha conquistato la Serie B e da quelle parti nessuno si è dimenticato del Boemo.

Zeman a Foggia
Zeman a Foggia

Zemanlandia e Zemanlandia 2.0

Da qui in poi è Zemanlandia. Prende il Foggia e lo fa diventare la squadra più bella di tutto il calcio italiano. Al secondo anno conquista la Serie A. Signori, Baiano e Rambaudi sono le 3 punte di diamante di una squadra moderna: utilizzo ossessivo della zona, difendere attaccando, fame di arrivare e 4-3-3. Questi sono i principi delle sue squadre e di quel Foggia in particolare che dal 1989 al 1994, dopo aver conquistato la massima serie, si conferma con un nono posto per due volte e un undicesimo, sfiorando una incredibile qualificazione alla Coppa Uefa.

Situazione simile avverrà a Pescara a distanza di molti anni, in una sorta di Zemanlandia 2.0. Siamo nel 2011, quando Zdenek Zeman prende in mano una squadra di ragazzi vogliosi di sfondare e con la testa china ad ascoltare gli insegnamenti di un maestro di calcio offensivo. Da quella squadra escono Lorenzo Insigne, attuale capitano del Napoli, Ciro Immobile, attuale Scarpa d’oro, Marco Verratti, titolare da ormai 10 anni in una della squadre migliori al mondo e Mattia Perin, ex portiere della Juve e attuale numero 1 del Genoa. Annientano la categoria, battendo un record dopo l’altro e regalando un calcio spettacolare. Anche chi non aveva mai seguito una partita di Serie B, il sabato dopo pranzo accendeva la tv e invece che guardare il cosiddetto anticipo di Serie A, guardava quei ragazzi giocare un calcio stellare.

Zeman insieme a Paul Gascoigne
Zeman insieme a Paul Gascoigne

La capitale e l’attacco al palazzo

Ma torniamo alle splendide stagioni di Foggia. Dopo le due stagioni in A, arriva la chiamata di una grande, è la Lazio di Sergio Cragnotti che vuole riportare in alto i biancocelesti a suon di investimenti. Zeman porta con sé Signori e Rambaudi riproponendo esattamente il calcio che lo aveva contraddistinto negli anni precedenti. Al primo anno arriva secondo dietro la Juve, al secondo anno invece termina terzo, portando ancora la squadra ad avere il miglior attacco del torneo e lanciando giovani come Nesta e Nedved. La Lazio da spettacolo, regala raffiche di gol e non risparmia nessuno. In campionato si procede a gonfie vele, mentre in coppa fa più fatica. Al terzo anno perde le redini della squadra che non crede più nella sua filosofia e soprattutto nei suoi allenamenti, a dir poco rigidi. Così dopo una sconfitta in casa contro il Bologna nel gennaio del 1997 viene esonerato. Per ottenere una nuova occasione dovrà aspettare solo qualche settimana e dovrà fare solo pochi chilometri: quelli che separano il campo di allenamento di Formello da quello di Trigoria, perché Franco Sensi gli affida la panchina della sua Roma.

Alla prima stagione conquista il quarto posto con il miglior attacco del torneo, riconoscimento oramai scontato. Rifonda la squadra che vola con un attacco straordinario, guidato da Francesco Totti che in quegli anni riceve la fascia da capitano, Delvecchio e Balbo. A Roma sono tutti innamorati di lui, ma al di fuori della Capitale la sua reputazione inizia a calare. Il 25 luglio del 1998 in piena preparazione estiva, rilascia la celeberrima dichiarazione che sconvolse il calcio italiano. “Il calcio deve uscire dalle farmacie, nel nostro ambiente girano troppi farmaci. Da lì in poi per il boemo inizia un periodo buio. Le sue dichiarazioni fecero partire un circo mediatico e indagini, inimicandogli così i “piani alti” del palazzo del calcio. La Roma lo esonera l’anno seguente e nessuna squadra di Serie A si presenta alla sua porta per offrirgli una panchina. Era ormai diventato un personaggio scomodo e un problema per le squadre che lo avrebbero scelto alla guida tecnica.

Zeman chiamato a testimoniare in tribunale
Zeman chiamato a testimoniare in tribunale

O lo ami o lo odi

Da quell’intervista del 1998 inizia la sua parabola discendente. Parte a girovagare per l’europa, tra i turchi del Fenerbache, la Stella Rossa, la Salernitana e di nuovo il Foggia. Nessuna chiamata per tornare in prima pagina per fatti sportivi piuttosto che giudiziari, se non appunto dopo la sentenza della corte di cassazione che nel 2012 ha condannato Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus e Giulio Agricola, responsabile dello staff medico, per il reato di frode sportiva.

Ha rivoluzionato il calcio italiano, dando un alternativa al gioco prettamente difensivista dell’epoca. Talmente innovativo, bello da vedere e distinguibile da meritare un posto nel vocabolario italiano: Zemanlandia s.f. Il sistema di gioco, fantasioso e votato all’attacco, ideato e adottato dall’allenatore di calcio boemo Zdenek Zeman. Ha sfidato le alte cariche del calcio italiano e lo ha pagato a caro prezzo salvo poi aver parzialmente vinto quella battaglia. Lui è sempre stato così, non addolciva la pillola. Se qualcosa non andava come voleva lui lo diceva sia che si trattasse di un suo calciatore o del sistema calcio in generale. E’ sempre stato un personaggio divisivo, o lo ami o lo odi. Ancora oggi c’è chi di fronte al suo nome storce il naso ma Zdenek Zeman è la storia del calcio italiano.

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