Le universiadi: storia e curiosità

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Era il 1959, mia madre stava per compiere un anno di età, la commercializzazione della bambola Barbie era alle porte, e il grande regista Mario Monticelli portava in alto il cinema italiano firmando il capolavoro “La Grande Guerra”. In quello stesso anno Nicola Pietrangeli si aggiudicò il Roland Garros, e gli appassionati di ciclismo sapranno sicuramente che, sempre in quell’anno, il Giro d’Italia fu vinto dal lussemburghese Charly Gaul. Ma nel 1959 accaddero tante altre cose, e tra queste voglio ricordare la prima edizione dell’Universiade nella sua forma moderna e attuale. Ma cosa sono le Universiadi? E perché sono importanti?

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Breve storia dell’Universiade

Se ad ogni aspirante atleta facessimo la fatidica domanda “qual è il tuo sogno più grande?”, con molta probabilità ci risponderebbe “partecipare alle Olimpiadi”. A meno che lo sportivo in questione non sia un calciatore: in quel caso ti risponderà “giocare in serie A” o “ascoltare l’inno della Champions League dal centro del campo.” Ma tornando allo sportivo che insegue il sogno olimpico, se gli dicessimo che è stato convocato per la prossima Universiade, state pur certi che inizierebbe a piangere dalla gioia (non parlo per esperienza personale, purtroppo). Perché quando parliamo di Universiade, stiamo parlando dell’Olimpiade Universitaria, nonché la manifestazione sportiva che, per numero di partecipanti e per importanza, è seconda solo ai Giochi Olimpici.

La prima edizione dell’Universiade si svolse a Torino, dal 26 agosto al 7 settembre del 1959, e fu ideata e pensata dal dirigente sportivo italiano Primo Nebiolo, imprenditore torinese, laureato in giurisprudenza, che si batté e si dedicò con tutte le forze per portare in alto l’atletica. Secondo le ultime regole imposte dalla FISU (Federazione Internazionale Sport Universitari), le Universiadi estive constano di competizioni in 15 sport obbligatori, quali: Atletica leggera, Calcio, Ginnastica artistica e Ginnastica ritmica, Nuoto, Pallacanestro, Pallanuoto, Pallavolo, Scherma, Taekwondo, Tennis, Tennis tavolo, Tiro a segno, Tiro con l’arco (diventò parte degli sport obbligatori con la XXX edizione estiva Napoli 2019), Tuffi.  Il Paese organizzatore che ospiterà la manifestazione può proporre fino a tre sport opzionali. Nella stessa edizione partenopea furono aggiunti: Judo, Rugby a 7 e Vela.

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Il significato dell’universalità

L’universiade è un evento molto ambito tra i giovani atleti che sognano i cinque cerchi. Diversamente dai Giochi Olimpici, avviene con la stessa cadenza con cui si manifesta la mia perfetta forma fisica, ovvero ogni 2 anni. Dal 1959 l’Italia è il paese che ha ospitato più volte tale manifestazione: ben 5 le edizioni, compresa l’ultima del 2019 a Napoli. L’Universiade accoglie atleti universitari, provenienti da ogni parte del mondo, che si sfideranno nelle diverse discipline nel nome e nel rispetto dei valori decantati dallo Sport. Il termine “Universiade” è la bellissima combinazione tra le parole “università” e “Olimpiade”, e racchiude in sé uno dei concetti che troviamo alla base di ogni forma di sport: l’universalità.

Ragazzi e ragazze che invadono la città ospitante, e che vivono la manifestazione quasi come un vero e proprio festival internazionale dello sport. I campi gara, ma anche le piazze delle città, vengono pervase da una gioventù che vive sognando un futuro d’oro. Quella che si respira durante le Universiadi, è l’aria buona di uno sport sano. Quello sport che fa incontrare persone e idee e promuove il valore dell’universalità; che si fa portabandiera di uguaglianza e inclusione e che permette di esprimere se stessi, senza alcuna maschera e senza costrizioni, indipendentemente dal genere, dall’orientamento sessuale, dall’etnia, dalla religione, dallo status sociale, dalla nazionalità, nel rispetto di tutto e di tutti.  

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La bandiera e l’inno dell’Universiade

Con la prima edizione del 1959 venne anche creata la bandiera con la “U” circondata da stelle e venne adottato come inno il “Gaudeamus igitur”. Tale inno, conosciuto anche come “gaudeamus”, è l’inno che tutti gli studenti universitari dovrebbero conoscere prima di raggiungere il titolo di laurea. O almeno così dicono. Ma lo ammetto, io non lo conoscevo. Molti lo definiscono un vero e proprio inno alla goliardia. E così, incuriosita come Jessica Fletcher alla notizia di un nuovo delitto, sono andata a leggere il testo.

“Gaudeamus igitur, iuvenes dum sumus”, ovvero “godiamo dunque, finché siamo giovani”. Poche parole, ma di chiaro significato. Inizia proprio così il Gaudeamus. E senza ombra di dubbio è a tutti gli effetti un inno alla vita, alla libertà. Ti spinge a goderti ogni attimo della tua gioventù, ti ricorda il famoso “carpe diem” e ti invita a godere della vita e a essere felici finché si è nel fiore degli anni. […] “Evviva l’accademia, evviva i professori! Viva qualunque membro, viva tutti i membri, siano sempre in fiore”. Prosegue così l’inno che, pur ribadendo il rispetto per le istituzioni universitarie, si lascia andare a doppi sensi latini nemmeno troppo velati. Poi una strofa che, a sentirla oggi, fa storcere il naso: “Vivant omnes virgines faciles, formosae!” – Viva tutte le vergini disponibili, attraenti! E poi: “Vivant et mulieres tenerae, amabiles, bonae, laboriosae.” Ovvero, Viva le mogli tenere, amabili, buone e laboriose. Strofe che potevano andar bene nel 1781 ma che oggi metterebbero in imbarazzo anche il più disinibito dei Trappers.

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L’Universiade e Pietro Mennea

Era il 1979, e mentre la SONY lanciava sul mercato il walkman, c’era chi stava scrivendo la storia dello sport azzurro. Oggi, a più di 40 anni, il walkman è un’affascinante pezzo di antiquariato, e colui che lo sport lo rivoluzionò, viene ancora ricordato per il suo spirito e le sue vittorie. Il suo nome è Pietro Mennea: il 12 settembre del 1979, su un palcoscenico chiamato “Universiadi” divenne il velocista dei record. Quel giorno a Città del Messico firmò un 19”72 sui 200m piani: un record mondiale rimasto tale fino al 1996, ma che ancora oggi costituisce il record europeo da battere.

Chissà se chi sogna le Olimpiadi, e prima ancora le Universiadi, sa a memoria il “Gaudeamus igitur”. Quello che immagino, è che chi sogna le Universiadi, vede in Pietro Mennea il campione di ieri, di oggi e di domani. “La fatica non è mai sprecata: soffri ma sogni”, disse un giorno la Freccia del Sud. Forse anche questo potrebbe essere il motto di chi rappresenta la propria nazione alle Universiadi. L’inno alla goliardia va bene, ma anche l’inno di Mennea non è poi così male.

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